COME FRAGILI VASI DI CRETA
BENEDETTO
XVI: UDIENZA GENERALE, Roma, Piazza San Pietro, 13 giugno 2012
(…) L’Apostolo comunica ai cristiani
di Corinto e anche a noi che «il momentaneo, leggero peso della nostra
tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria» (v. 17) In
realtà, umanamente parlando, non era leggero il peso delle difficoltà, era
gravissimo; ma in confronto con l'amore di Dio, con la grandezza dell'essere
amato da Dio, appare leggero, sapendo che la quantità della gloria sarà
smisurata. Quindi, nella misura in cui cresce la nostra unione con il Signore e
si fa intensa la nostra preghiera, anche noi andiamo all’essenziale e
comprendiamo che non è la potenza dei nostri mezzi, delle nostre virtù, delle
nostre capacità che realizza il Regno di Dio, ma è Dio che opera meraviglie
proprio attraverso la nostra debolezza, la nostra inadeguatezza all'incarico.
Dobbiamo, quindi, avere l’umiltà di non confidare semplicemente in noi stessi,
ma di lavorare, con l'aiuto del Signore, nella vigna del Signore, affidandoci a
Lui come fragili «vasi di creta».
San Paolo riferisce di due particolari rivelazioni che hanno cambiato radicalmente la sua vita. La prima - lo sappiamo - è la domanda sconvolgente sulla strada di Damasco: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4), domanda che lo ha portato a scoprire e incontrare Cristo vivo e presente, e a sentire la sua chiamata ad essere apostolo del Vangelo. La seconda sono le parole che il Signore gli ha rivolto nell’esperienza di preghiera contemplativa su cui stiamo riflettendo: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Solo la fede, il confidare nell’azione di Dio, nella bontà di Dio che non ci abbandona, è la garanzia di non lavorare invano. Così la Grazia del Signore è stata la forza che ha accompagnato san Paolo nelle immani fatiche per diffondere il Vangelo e il suo cuore è entrato nel cuore di Cristo, diventando capace di condurre gli altri verso Colui che è morto ed è risorto per noi. (…)
Nella preghiera, nella contemplazione quotidiana
del Signore, noi riceviamo la forza dell’amore di Dio e sentiamo che sono vere
le parole di san Paolo ai cristiani di Roma, dove ha scritto: «Io sono infatti persuaso
che né morte né vita, né angeli, né principati, né presente né avvenire,né
potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci
dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).San Paolo riferisce di due particolari rivelazioni che hanno cambiato radicalmente la sua vita. La prima - lo sappiamo - è la domanda sconvolgente sulla strada di Damasco: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (At 9,4), domanda che lo ha portato a scoprire e incontrare Cristo vivo e presente, e a sentire la sua chiamata ad essere apostolo del Vangelo. La seconda sono le parole che il Signore gli ha rivolto nell’esperienza di preghiera contemplativa su cui stiamo riflettendo: «Ti basta la mia grazia: la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Solo la fede, il confidare nell’azione di Dio, nella bontà di Dio che non ci abbandona, è la garanzia di non lavorare invano. Così la Grazia del Signore è stata la forza che ha accompagnato san Paolo nelle immani fatiche per diffondere il Vangelo e il suo cuore è entrato nel cuore di Cristo, diventando capace di condurre gli altri verso Colui che è morto ed è risorto per noi. (…)
In un mondo in cui rischiamo di confidare solamente sull’efficienza e la potenza dei mezzi umani, in questo mondo siamo chiamati a riscoprire e testimoniare la potenza di Dio che si comunica nella preghiera, con la quale cresciamo ogni giorno nel conformare la nostra vita a quella di Cristo, il quale - come afferma Paolo - «fu crocifisso per la sua debolezza, ma vive per la potenza di Dio. E anche noi siamo deboli in lui, ma vivremo con lui per la potenza di Dio a vostro vantaggio» (2 Cor 13,4).
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