PERCHE' AD HOC

PERCHE' AD HOC

Per amore di ciò che sta accadendo ora intendiamo seguire Benedetto XVI, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire alla fede cristiana piena cittadinanza anche nelle nostre città.

La parola del Papa è uno strumento straordinario per il lavoro culturale di ciascuno nei luoghi dove si dipana la vita quotidiana

venerdì 28 settembre 2012

SEI ANNI BENEDETTI


Nel febbraio del 2007 è stato pubblicato il n.1 di AD HOC
Oggi siamo al numero 300.

RIPUBBLICHIAMO QUI IL NUMERO 1



AD HOC N.1/2007   12 FEBBRAIO
 
 
LA LEGGE NATURALE
 
 
(…) La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli  inganni della manipolazione ideologica. La conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo aumenta con il progredire della coscienza morale. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha responsabilità pubbliche, dovrebbe quindi essere quella di promuovere la maturazione della coscienza morale. È questo il progresso fondamentale senza il quale tutti gli altri progressi finiscono per risultare non autentici.
         La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità. Quanto fin qui detto ha applicazioni molto concrete se si fa riferimento alla famiglia, cioè a quell’"intima comunità di vita e d’amore coniugale, fondata dal Creatore e strutturata con leggi proprie" (Cost. past. Gaudium et spes, 48).
         Il Concilio Vaticano II ha, al riguardo, opportunamente ribadito che l’istituto del matrimonio "ha stabilità per ordinamento divino", e perciò "questo vincolo sacro, in vista del bene sia dei coniugi e della prole che della società, non dipende dall’arbitrio dell’uomo" (ibid.). Nessuna legge fatta dagli uomini può perciò sovvertire la norma scritta dal Creatore, senza che la società venga drammaticamente ferita in ciò che costituisce il suo stesso fondamento basilare. Dimenticarlo significherebbe indebolire la famiglia, penalizzare i figli e rendere precario il futuro della società. (…)
 
 

La bellezza, il gusto, la ricchezza della nostra compagnia, accompagnati da questo confronto continuoparola del Papa  ci ha spalancato le porte della vita  nel cammino di ogni giorno.
Per questo possiamo solo ringraziare.

AD HOC N.41/2012 (300) 30 SETTEMBRE


LA LITURGIA, SCUOLA DI PREGHIERA

BENEDETTO XVI: UDIENZA GENERALE, 26.09.2012, Roma, Piazza San Pietro

            (…) Che cos’è la liturgia? Se apriamo il Catechismo della Chiesa Cattolica - sussidio sempre prezioso, direi indispensabile – possiamo leggere che originariamente la parola «liturgia» significa «servizio da parte del popolo e in favore del popolo» (n. 1069). (…) Il Catechismo indica inoltre che «nella tradizione cristiana (la parola “liturgia”) vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all’opera di Dio» (n. 1069), perché il popolo di Dio come tale esiste solo per opera di Dio. Questo ce lo ha ricordato lo sviluppo stesso del Concilio Vaticano II, che iniziò i suoi lavori, cinquant’anni orsono, con la discussione dello schema sulla sacra liturgia, approvato poi solennemente il 4 dicembre del 1963, il primo testo approvato dal Concilio.
            (…)  Iniziando, infatti, con il tema della «liturgia» il Concilio mise in luce in modo molto chiaro il primato di Dio, la sua priorità assoluta. Prima di tutto Dio: proprio questo ci dice la scelta conciliare di partire dalla liturgia. Dove lo sguardo su Dio non è determinante, ogni altra cosa perde il suo orientamento. Il criterio fondamentale per la liturgia è il suo orientamento a Dio, per poter così partecipare alla sua stessa opera.
Però possiamo chiederci: qual è questa opera di Dio alla quale siamo chiamati a partecipare? La risposta che ci offre la Costituzione conciliare sulla sacra liturgia è apparentemente doppia. Al numero 5 ci indica, infatti, che l’opera di Dio sono le sue azioni storiche che ci portano la salvezza, culminate nella Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; ma al numero 7 la stessa Costituzione definisce proprio la celebrazione della liturgia come «opera di Cristo». In realtà questi due significati sono inseparabilmente legati. Se ci chiediamo chi salva il mondo e l’uomo, l’unica risposta è: Gesù di Nazaret, Signore e Cristo, crocifisso e risorto. E dove si rende attuale per noi, per me oggi il Mistero della Morte e Risurrezione di Cristo, che porta la salvezza? La risposta è: nell’azione di Cristo attraverso la Chiesa, nella liturgia, in particolare nel Sacramento dell’Eucaristia, che rende presente l’offerta sacrificale del Figlio di Dio, che ci ha redenti; nel Sacramento della Riconciliazione, in cui si passa dalla morte del peccato alla vita nuova; e negli altri atti sacramentali che ci santificano (cfr Presbyterorum ordinis, 5). Così, il Mistero Pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo è il centro della teologia liturgica del Concilio.

            (…) Pertanto la prima esigenza per una buona celebrazione liturgica è che sia preghiera, colloquio con Dio, anzitutto ascolto e quindi risposta. San Benedetto, nella sua «Regola», parlando della preghiera dei Salmi, indica ai monaci: mens concordet voci, « la mente concordi con la voce». Il Santo insegna che nella preghiera dei Salmi le parole devono precedere la nostra mente.  Abitualmente non avviene così, prima dobbiamo pensare e poi quanto abbiamo pensato si converte in parola. Qui invece, nella liturgia, è l'inverso, la parola precede. Dio ci ha dato la parola e la sacra liturgia ci offre le parole; noi dobbiamo entrare all'interno delle parole, nel loro significato, accoglierle in noi, metterci noi in sintonia con queste parole; così diventiamo figli di Dio, simili a Dio. (…) Elemento fondamentale, primario, del dialogo con Dio nella liturgia, è la concordanza tra ciò che diciamo con le labbra e ciò che portiamo nel cuore. Entrando nelle parole della grande storia della preghiera noi stessi siamo conformati allo spirito di queste parole e diventiamo capaci di parlare con Dio. (…) Quando viviamo la liturgia con questo atteggiamento di fondo, il nostro cuore è come sottratto alla forza di gravità, che lo attrae verso il basso, e si leva interiormente verso l’alto, verso la verità, verso l’amore, verso Dio.