PERCHE' AD HOC

PERCHE' AD HOC

Per amore di ciò che sta accadendo ora intendiamo seguire Benedetto XVI, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire alla fede cristiana piena cittadinanza anche nelle nostre città.

La parola del Papa è uno strumento straordinario per il lavoro culturale di ciascuno nei luoghi dove si dipana la vita quotidiana

venerdì 26 novembre 2010

AD HOC N.48/2010 (200)

LUCE DEL MONDO

BENEDETTO XVI: INTERVISTA CON PETER SEEWALD NOVEMBRE 2010

La vera intolleranza
La vera minaccia di fronte alla quale ci troviamo è che la tolleranza venga abolita in nome della tolleranza stessa. C'è il pericolo che la ragione, la cosiddetta ragione occidentale, sostenga di avere finalmente riconosciuto ciò che è giusto e avanzi così una pretesa di totalità che è nemica della libertà. Credo necessario denunciare con forza questa minaccia. Nessuno è costretto ad essere cristiano. Ma nessuno deve essere costretto a vivere secondo la "nuova religione", come fosse l'unica e vera, vincolante per tutta l'umanità.

Cristianesimo e modernità
L'essere cristiano è esso stesso qualcosa di vivo, di moderno, che attraversa, formandola e plasmandola, tutta la modernità, e che quindi in un certo senso veramente la abbraccia. Qui è necessaria una grande lotta spirituale, come ho voluto mostrare con la recente istituzione di un "Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione". È importante che cerchiamo di vivere e di pensare il cristianesimo in modo tale che assuma la modernità buona e giusta, e quindi al contempo si allontani e si distingua da quella che sta diventando una contro-religione.

Ottimismo
Se si osserva con più attenzione – ed è quello che mi è possibile fare grazie alle visite dei vescovi di tutto il mondo  e  anche  ai  tanti  altri  incontri – si  vede che il cristianesimo in questo momento sta sviluppando anche una creatività del tutto nuova [...] La burocrazia è consumata e stanca. Sono iniziative che nascono dal di dentro, dalla gioia dei giovani. Il cristianesimo forse assumerà un volto nuovo,  forse anche un aspetto culturale diverso. Il cristianesimo non determina l'opinione pubblica mondiale, altri ne sono alla guida. E tuttavia il cristianesimo è la forza vitale senza la quale anche le altre cose non potrebbero continuare ad esistere. Perciò, sulla base di quello che vedo e di cui riesco a fare personale esperienza, sono molto ottimista rispetto al fatto che il cristianesimo si trovi di fronte ad una dinamica nuova.

Il tempo libero
Cosa fa il Papa? Intanto, anche nel tempo libero deve esaminare documenti e leggere atti. Rimane sempre tanto lavoro da fare. Poi con la famiglia pontificia – quattro donne della comunità dei Memores Domini e i due segretari – ci sono i pasti in comune, e questo è un momento di distensione. Insieme alla famiglia pontificia festeggiamo il Natale, nei giorni festivi ascoltiamo musica e conversiamo. Festeggiamo gli onomastici e a volte recitiamo insieme i vespri. Insomma, le feste le passiamo insieme. E poi, insieme ai pasti, in comune c’è soprattutto la Santa Messa del mattino. È un momento particolarmente importante nel quale a partire dal Signore siamo insieme in modo molto intenso.

Come prega
Per quel che riguarda il Papa, anche lui è un povero mendicante davanti a Dio, ancora più degli altri uomini. Naturalmente prego innanzitutto sempre il Signore, al quale sono legato, per così dire, da antica amicizia. Ma invoco anche i santi. Sono molto amico di Agostino, di Bonaventura e di Tommaso d’Aquino. A loro quindi dico: “Aiutatemi”! La Madre di Dio, poi, è sempre e comunque un grande punto di riferimento. In questo senso, mi inserisco nella Comunione dei Santi. Insieme a loro, rafforzato da loro, parlo poi anche
della carità.

26 NOVEMBRE 2010

AD HOC 47/2010 (199)

PERCHÉ IL DIALOGO E LA COMUNICAZIONE SIANO EFFICACI

BENEDETTO XVI: UDIENZA AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, 13.11.2010

(…) Pastori e i fedeli avvertono con preoccupazione alcune difficoltà nella comunicazione del messaggio evangelico e nella trasmissione della fede, all’interno della stessa comunità ecclesiale. Come ho scritto nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini: “tanti cristiani hanno bisogno che sia loro riannunciata in modo persuasivo la Parola di Dio, così da poter sperimentare concretamente la forza del Vangelo” (n. 96). (…)

L’incapacità del linguaggio di comunicare il senso profondo e la bellezza dell’esperienza di fede può contribuire all’indifferenza di tanti, soprattutto giovani; può diventare motivo di allontanamento, come affermava già la Costituzione Gaudium et spes, rilevando che una presentazione inadeguata del messaggio nasconde più che manifestare il genuino volto di Dio e della religione (cfr n. 19).  La Chiesa vuole dialogare con tutti, nella ricerca della verità; ma perché il dialogo e la comunicazione siano efficaci e fecondi è necessario sintonizzarsi su una medesima frequenza, in ambiti di incontro amichevole e sincero (…).

Oggi non pochi giovani, storditi dalle infinite possibilità offerte dalle reti informatiche o da altre tecnologie, stabiliscono forme di comunicazione che non contribuiscono alla crescita in umanità, ma rischiano anzi di aumentare il senso di solitudine e di spaesamento.

Dinanzi a tali fenomeni, ho parlato più volte di emergenza educativa, una sfida a cui si può e si deve rispondere con intelligenza creativa, impegnandosi a promuovere una comunicazione umanizzante, che stimoli il senso critico e la capacità di valutazione e di discernimento. Anche nell’odierna cultura tecnologica, è il paradigma permanente dell’inculturazione del Vangelo a fare da guida, purificando, sanando ed elevando gli elementi migliori dei nuovi linguaggi e delle nuove forme di comunicazione. Per questo compito, difficile e affascinante, la Chiesa può attingere allo straordinario patrimonio di simboli, immagini, riti e gesti della sua tradizione.

In particolare il ricco e denso simbolismo della liturgia deve splendere in tutta la sua forza come elemento comunicativo, fino a toccare profondamente la coscienza umana, il cuore e l’intelletto. La tradizione cristiana, poi, ha sempre strettamente collegato alla liturgia il linguaggio dell’arte, la cui bellezza ha una sua particolare forza comunicativa. (…)

Tuttavia, più incisiva ancora dell’arte e dell’immagine nella comunicazione del messaggio evangelico è la bellezza della vita cristiana. Alla fine, solo l’amore è degno di fede e risulta credibile. La vita dei santi, dei martiri, mostra una singolare bellezza che affascina e attira, perché una vita cristiana vissuta in pienezza parla senza parole. Abbiamo bisogno di uomini e donne che parlino con la loro vita, che sappiano comunicare il Vangelo, con chiarezza e coraggio, con la trasparenza delle azioni, con la passione gioiosa della carità.
 
19 novembre 2010

AD HOC 46/2010 (198)

LA BELLEZZA E' LA VERITA' CHE SI FA IMMAGINE


BENEDETTO XVI: OMELIA NELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA E DELL’ALTARE DELLA SAGRADA FAMILÍA A BARCELONA, 7 .11.2010

 (…) In questo ambiente, Gaudí volle unire l’ispirazione che gli veniva dai tre grandi libri dei quali si nutriva come uomo, come credente e come architetto: il libro della natura, il libro della Sacra Scrittura e il libro della liturgia. Così unì la realtà del mondo e la storia della salvezza, come ci è narrata nella Bibbia e resa presente nella liturgia. Introdusse dentro l’edificio sacro pietre, alberi e vita umana, affinché tutta la creazione convergesse nella lode divina, ma, allo stesso tempo, portò fuori i 'retabli'(*), per porre davanti agli uomini il mistero di Dio rivelato nella nascita, passione, morte e resurrezione di Gesù Cristo.

 (…) In questo modo, collaborò in maniera geniale all’edificazione di una coscienza umana ancorata nel mondo, aperta a Dio, illuminata e santificata da Cristo. E realizzò ciò che oggi è uno dei compiti più importanti: superare la scissione tra coscienza umana e coscienza cristiana, tra esistenza in questo mondo temporale e apertura alla vita eterna, tra la bellezza delle cose e Dio come Bellezza. Antoni Gaudí non realizzò tutto questo con parole, ma con pietre, linee, superfici e vertici. In realtà, la bellezza è la grande necessità dell’uomo; è la radice dalla quale sorgono il tronco della nostra pace e i frutti della nostra speranza. La bellezza è anche rivelatrice di Dio perché, come lui, l’opera bella è pura gratuità, invita alla libertà e strappa dall’egoismo.
           
(…) Il Signore Gesù è la pietra che sostiene il peso del mondo, che mantiene la coesione della Chiesa e che raccoglie in ultima unità tutte le conquiste dell’umanità. In Lui abbiamo la Parola e la Presenza di Dio, e da Lui la Chiesa riceve la propria vita, la propria dottrina e la propria missione. La Chiesa non ha consistenza da se stessa; è chiamata ad essere segno e strumento di Cristo, in pura docilità alla sua autorità e in totale servizio al suo mandato. L’unico Cristo fonda l’unica Chiesa; Egli è la roccia sulla quale si fonda la nostra fede.

            Basati su questa fede, cerchiamo insieme di mostrare al mondo il volto di Dio, che è amore ed è l’unico che può rispondere all’anelito di pienezza dell’uomo. Questo è il grande compito, mostrare a tutti che Dio è Dio di pace e non di violenza, di libertà e non di costrizione, di concordia e non di discordia. In questo senso, credo che la dedicazione di questa chiesa della Sacra Famiglia, in un’epoca nella quale l’uomo pretende di edificare la sua vita alle spalle di Dio, come se non avesse più niente da dirgli, è un avvenimento di grande significato. Gaudí, con la sua opera, ci mostra che Dio è la vera misura dell’uomo, che il segreto della vera originalità consiste, come egli diceva, nel tornare all’origine che è Dio. Lui stesso, aprendo in questo modo il suo spirito a Dio, è stato capace di creare in questa città uno spazio di bellezza, di fede e di speranza, che conduce l’uomo all’incontro con colui che è la verità e la bellezza stessa.

(*) retabli: pale dell'altare

12 novembre 2010

AD HOC N.45/2010 (197)

SANTA MARGHERITA D’OINGT

BENEDETTO XVI: UDIENZA GENERALE
Roma Aula Paolo VI, 03.11.2010

            (…) con Margherita d'Oingt, siamo introdotti nella spiritualità certosina.
(…) Non ci è nota la sua data di nascita, benché qualcuno la collochi intorno al 1240, da una nobile famiglia lionese. (…)

            Attraverso i suoi scritti, Margherita ci offre qualche spiraglio sulla sua spiritualità, permettendoci di cogliere alcuni tratti della sua personalità e delle sue doti di governo. È una donna molto colta; scrive abitualmente in latino, la lingua degli eruditi, ma scrive pure in franco provenzale e anche questo è una rarità: i suoi scritti sono, così, i primi, di cui si ha memoria, redatti in questa lingua.  Vive un’esistenza ricca di esperienze mistiche, descritte con semplicità, lasciando intuire l’ineffabile mistero di Dio, sottolineando i limiti della mente nell’afferrarlo e l’inadeguatezza della lingua umana nell’esprimerlo. Ha una personalità lineare, semplice, aperta, di dolce carica affettiva, di grande equilibrio e acuto discernimento, capace di entrare nelle profondità dello spirito umano, di coglierne i limiti, le ambiguità, ma pure le aspirazioni, la tensione dell’anima verso Dio.

            (…) Margherita d’Oingt ci invita a meditare quotidianamente la vita di dolore e di amore di Gesù e quella di sua Madre, Maria. Qui è la nostra speranza, il senso del nostro esistere. Dalla contemplazione dell’amore di Cristo per noi nascono la forza e la gioia di rispondere con altrettanto amore, mettendo la nostra vita a servizio di Dio e degli altri. Con Margherita diciamo anche noi: “Dolce Signore, tutto ciò che hai compiuto, per amore mio e di tutto il genere umano, mi provoca ad amarti, ma il ricordo della tua santissima passione dona un vigore senza eguali alla mia potenza d'affetto per amarti. E’ per questo che mi sembra di aver trovato ciò che ho così tanto desiderato: non amare niente altro che te o in te o per amore tuo”.

             (…) A prima vista questa figura di certosina medievale, come pure tutta la sua vita, il suo pensiero, appaiono molto lontani da noi, dalla nostra vita, dal nostro modo di pensare e di agire. Ma se guardiamo all'essenziale di questa vita, vediamo che tocca anche noi e dovrebbe divenire essenziale anche nella nostra esistenza. Abbiamo sentito che Margherita ha fissato lo sguardo sul Signore, lo ha considerato come uno specchio nel quale appare anche la propria coscienza. E da questo specchio è entrata luce nella sua anima: ha lasciato entrare la parola, la vita di Cristo nel proprio essere, e così è stata trasformata; la coscienza è stata illuminata, ha trovato criteri, luce ed è stata pulita. 

            
 Proprio di questo abbiamo bisogno anche noi: lasciare entrare le parole, la vita, la luce di Cristo nella nostra coscienza perché sia illuminata, capisca ciò che è vero e buono e ciò che è male; che sia illuminata e pulita la nostra coscienza. La spazzatura non c'è solo in diverse strade del mondo. C'è spazzatura anche nelle nostre coscienze e nelle nostre anime. È solo la luce del Signore, la sua forza e il suo amore che ci pulisce, ci purifica e ci dà la retta via.

            Quindi seguiamo santa Margherita in questo sguardo verso Gesù. Leggiamo nel libro della sua vita, lasciamoci illuminare e pulire, per imparare la vera vita.
 
5 NOVEMBRE 2010