PERCHE' AD HOC

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Per amore di ciò che sta accadendo ora intendiamo seguire Benedetto XVI, per dare nuovo slancio alla cultura del nostro tempo e per restituire alla fede cristiana piena cittadinanza anche nelle nostre città.

La parola del Papa è uno strumento straordinario per il lavoro culturale di ciascuno nei luoghi dove si dipana la vita quotidiana

venerdì 9 marzo 2012

AD HOC N.11/2012 (270) 11 MARZO 2012



IL SILENZIO NELLA PREGHIERA DI GESÙ

BENEDETTO XVI: UDIENZA GENERALE, Roma, aula Paolo VI, 07.03.2012

            (…) I Vangeli presentano spesso, soprattutto nelle scelte decisive, Gesù che si ritira tutto solo in un luogo appartato dalle folle e dagli stessi discepoli per pregare nel silenzio e vivere il suo rapporto filiale con Dio.  Il silenzio è capace di scavare uno spazio interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perché la sua Parola rimanga in noi, perché l'amore per Lui si radichi nella nostra mente e nel nostro cuore, e animi la nostra vita. Quindi la prima direzione: reimparare il silenzio, l'apertura per l'ascolto, che ci apre all'altro, alla Parola di Dio.

            C'è però anche una seconda importante relazione del silenzio con la preghiera. Non c'è, infatti, solo il nostro silenzio per disporci all'ascolto della Parola di Dio; spesso, nella nostra preghiera, ci troviamo di fronte al silenzio di Dio, proviamo quasi un senso di abbandono, ci sembra che Dio non ascolti e non risponda.  Ma questo silenzio di Dio, come è avvenuto anche per Gesù, non segna la sua assenza. Il cristiano sa bene che il Signore è presente e ascolta, anche nel buio del dolore, del rifiuto e della solitudine. Gesù rassicura i discepoli e ciascuno di noi che Dio conosce bene le nostre necessità in qualunque momento della nostra vita.

            (…) A noi, spesso preoccupati dell'efficacia operativa e dei risultati concreti che conseguiamo, la preghiera di Gesù indica che abbiamo bisogno di fermarci, di vivere momenti di intimità con Dio, «staccandoci» dal frastuono di ogni giorno, per ascoltare, per andare alla «radice» che sostiene e alimenta la vita. Uno dei momenti più belli della preghiera di Gesù è proprio quando Egli, per affrontare malattie, disagi e limiti dei suoi interlocutori, si rivolge al Padre suo in orazione e insegna così a chi gli sta intorno dove bisogna cercare la fonte per avere speranza e salvezza. Ho già ricordato, come esempio commovente, la preghiera di Gesù alla tomba di Lazzaro. L'Evangelista Giovanni racconta: «Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”» (Gv 11, 41-43). Ma il punto più alto di profondità nella preghiera al Padre, Gesù lo raggiunge al momento della Passione e della Morte, in cui pronuncia l'estremo «sì» al progetto di Dio e mostra come la volontà umana trova il suo compimento proprio nell'adesione piena alla volontà divina e non nella contrapposizione. Nella preghiera di Gesù, nel suo grido al Padre sulla croce, confluiscono «tutte le angosce dell'umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza... Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l'evento della preghiera nell'Economia della creazione e della salvezza» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2606).