IL SILENZIO NELLA
PREGHIERA DI GESÙ
BENEDETTO
XVI: UDIENZA GENERALE, Roma, aula Paolo VI, 07.03.2012
(…) I Vangeli presentano spesso,
soprattutto nelle scelte decisive, Gesù che si ritira tutto solo in un luogo
appartato dalle folle e dagli stessi discepoli per pregare nel silenzio e
vivere il suo rapporto filiale con Dio. Il silenzio è capace di scavare uno spazio
interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perché la sua
Parola rimanga in noi, perché l'amore per Lui si radichi nella nostra mente e
nel nostro cuore, e animi la nostra vita. Quindi la prima direzione: reimparare
il silenzio, l'apertura per l'ascolto, che ci apre all'altro, alla Parola di
Dio.
C'è però anche una seconda importante relazione del silenzio con la preghiera. Non c'è, infatti, solo il nostro silenzio per disporci all'ascolto della Parola di Dio; spesso, nella nostra preghiera, ci troviamo di fronte al silenzio di Dio, proviamo quasi un senso di abbandono, ci sembra che Dio non ascolti e non risponda. Ma questo silenzio di Dio, come è avvenuto anche per Gesù, non segna la sua assenza. Il cristiano sa bene che il Signore è presente e ascolta, anche nel buio del dolore, del rifiuto e della solitudine. Gesù rassicura i discepoli e ciascuno di noi che Dio conosce bene le nostre necessità in qualunque momento della nostra vita.
C'è però anche una seconda importante relazione del silenzio con la preghiera. Non c'è, infatti, solo il nostro silenzio per disporci all'ascolto della Parola di Dio; spesso, nella nostra preghiera, ci troviamo di fronte al silenzio di Dio, proviamo quasi un senso di abbandono, ci sembra che Dio non ascolti e non risponda. Ma questo silenzio di Dio, come è avvenuto anche per Gesù, non segna la sua assenza. Il cristiano sa bene che il Signore è presente e ascolta, anche nel buio del dolore, del rifiuto e della solitudine. Gesù rassicura i discepoli e ciascuno di noi che Dio conosce bene le nostre necessità in qualunque momento della nostra vita.
(…)
A noi, spesso preoccupati dell'efficacia operativa e dei risultati concreti che
conseguiamo, la preghiera di Gesù indica che abbiamo bisogno di fermarci, di
vivere momenti di intimità con Dio, «staccandoci» dal frastuono di ogni giorno,
per ascoltare, per andare alla «radice» che sostiene e alimenta la vita. Uno
dei momenti più belli della preghiera di Gesù è proprio quando Egli, per
affrontare malattie, disagi e limiti dei suoi interlocutori, si rivolge al
Padre suo in orazione e insegna così a chi gli sta intorno dove bisogna cercare
la fonte per avere speranza e salvezza. Ho già ricordato, come esempio
commovente, la preghiera di Gesù alla tomba di Lazzaro. L'Evangelista Giovanni
racconta: «Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse:
“Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre
ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu
mi hai mandato”. Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!”» (Gv
11, 41-43). Ma il punto più alto di profondità nella preghiera al Padre, Gesù
lo raggiunge al momento della Passione e della Morte, in cui pronuncia
l'estremo «sì» al progetto di Dio e mostra come la volontà umana trova il suo
compimento proprio nell'adesione piena alla volontà divina e non nella
contrapposizione. Nella preghiera di Gesù, nel suo grido al Padre sulla croce,
confluiscono «tutte le angosce dell'umanità di ogni tempo, schiava del peccato
e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della
salvezza... Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le
esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l'evento
della preghiera nell'Economia della creazione e della salvezza» (Catechismo
della Chiesa Cattolica, 2606).
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