IL VOLTO DI DIO
BENEDETTO XVI: UDIENZA GENERALE, Roma, Aula Paolo VI, 16.01.2013
L’Antico Testamento ci narra come Dio, dopo la creazione,
nonostante il peccato originale, nonostante l’arroganza dell’uomo di volersi
mettere al posto del suo Creatore, offre di nuovo la possibilità della sua
amicizia, soprattutto attraverso l’alleanza con Abramo e il cammino di un
piccolo popolo, quello di Israele, che Egli sceglie non con criteri di potenza
terrena, ma semplicemente per amore. E’ una scelta che rimane un mistero e
rivela lo stile di Dio che chiama alcuni non per escludere altri, ma perché
facciano da ponte nel condurre a Lui: elezione è sempre elezione per l'altro.
Nella storia del popolo di Israele possiamo ripercorrere le tappe di un lungo
cammino in cui Dio si fa conoscere, si rivela, entra nella storia con parole e
con azioni. Per questa opera Egli si serve di mediatori, come Mosè, i Profeti,
i Giudici, che comunicano al popolo la sua volontà, ricordano l’esigenza di
fedeltà all’alleanza e tengono desta l’attesa della realizzazione piena e
definitiva delle promesse divine.
(…) In tutto l’Antico Testamento
è ben presente il tema della "ricerca del volto di Dio", il desiderio
di conoscere questo volto, il desiderio di vedere Dio come è, tanto che il
termine ebraico pānîm, che significa "volto", vi ricorre ben 400
volte, e 100 di queste sono riferite a Dio: 100 volte ci si riferisce a Dio, si
vuol vedere il volto di Dio. Eppure la religione ebraica proibisce del tutto le
immagini, perché Dio non si può rappresentare, come invece facevano i popoli
vicini con l’adorazione degli idoli; quindi, con questa proibizione di
immagini, l'Antico Testamento sembra escludere totalmente il "vedere"
dal culto e dalla pietà. Che cosa significa allora, per il pio israelita,
tuttavia cercare il volto di Dio, nella consapevolezza che non può esserci
alcuna immagine? La domanda è
importante: da una parte si vuole dire che Dio non si può ridurre ad un
oggetto, come un'immagine che si prende in mano, ma neppure si può mettere
qualcosa al posto di Dio; dall’altra parte, però, si afferma che Dio ha un volto,
cioè è un «Tu» che può entrare in relazione, che non è chiuso nel suo Cielo a
guardare dall’alto l’umanità. Dio è certamente sopra ogni cosa, ma si rivolge a
noi, ci ascolta, ci vede, parla, stringe alleanza, è capace di amare. La storia
della salvezza è la storia di Dio con l'umanità (…)
Qualcosa
di completamente nuovo avviene, però, con l’Incarnazione. La ricerca del volto
di Dio riceve una svolta inimmaginabile, perché questo volto si può ora vedere:
è quello di Gesù, del Figlio di Dio che si fa uomo. (…)
Il desiderio di conoscere Dio realmente, cioè di vedere il volto di Dio è insito in ogni uomo, anche negli atei. E noi abbiamo forse inconsapevolmente questo desiderio di vedere semplicemente chi Egli è, che cosa è, chi è per noi. Ma questo desiderio si realizza seguendo Cristo, così vediamo le spalle e vediamo infine anche Dio come amico, il suo volto nel volto di Cristo. L'importante è che seguiamo Cristo non solo nel momento nel quale abbiamo bisogno e quando troviamo uno spazio nelle nostre occupazioni quotidiane, ma con la nostra vita in quanto tale.
L'intera esistenza nostra deve essere orientata all’incontro con Gesù Cristo all’amore verso di Lui; e, in essa, un posto centrale lo deve avere l’amore al prossimo, quell’amore che, alla luce del Crocifisso, ci fa riconoscere il volto di Gesù nel povero, nel debole, nel sofferente. Ciò è possibile solo se il vero volto di Gesù ci è diventato familiare nell’ascolto della sua Parola, nel parlare interiormente, nell'entrare in questa Parola così che realmente lo incontriamo, e naturalmente nel Mistero dell’Eucaristia.
Il desiderio di conoscere Dio realmente, cioè di vedere il volto di Dio è insito in ogni uomo, anche negli atei. E noi abbiamo forse inconsapevolmente questo desiderio di vedere semplicemente chi Egli è, che cosa è, chi è per noi. Ma questo desiderio si realizza seguendo Cristo, così vediamo le spalle e vediamo infine anche Dio come amico, il suo volto nel volto di Cristo. L'importante è che seguiamo Cristo non solo nel momento nel quale abbiamo bisogno e quando troviamo uno spazio nelle nostre occupazioni quotidiane, ma con la nostra vita in quanto tale.
L'intera esistenza nostra deve essere orientata all’incontro con Gesù Cristo all’amore verso di Lui; e, in essa, un posto centrale lo deve avere l’amore al prossimo, quell’amore che, alla luce del Crocifisso, ci fa riconoscere il volto di Gesù nel povero, nel debole, nel sofferente. Ciò è possibile solo se il vero volto di Gesù ci è diventato familiare nell’ascolto della sua Parola, nel parlare interiormente, nell'entrare in questa Parola così che realmente lo incontriamo, e naturalmente nel Mistero dell’Eucaristia.
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